Dal 2019 si sta impegnando con un progetto specifico per studiare e tutelare un ecosistema unico nel suo genere
In un posto ben preciso del Mar Tirreno c’è un luogo magico che custodisce un patrimonio inestimabile. Un’area con il più grande sistema di canyon sottomarini nel nord-est della Sardegna. Il Canyon di Caprera è un santuario naturale di biodiversità che, proprio per le sue caratteristiche, va tutelata con ogni mezzo. One Ocean Foundation dal 2019 è al lavoro con attività di ricerca che servono a proteggere la zona da qualsiasi minaccia causata dal comportamento umano. Una delle ragioni di questo intervento sta nella fauna pelagica: il sito ospita 7 delle 8 specie di cetacei presenti nel Mediterraneo occidentale: delfini, capodogli e balenottere comune.
One Ocean è in prima linea per tutelare l’intero ecosistema marino. L’obiettivo è di sviluppare prove scientifiche non solo per mettere in sicurezza l’area del Canyon di Caprera, ma anche per promuoverla ad Area Importante per i Mammiferi Marini (IMMA). Il primo passo che porta in direzione dell’Area Marina Protetta (AMP).
Qualcosa già è stato fatto. Il Canyon di Caprera si è guadagnato i vessilli di Area di Interesse (AoI) e HopeSpot che rientrano nella Missione Blu, un’iniziativa globale per la conservazione della biodiversità marina natta dall’idea della celebre oceanografa Dr. Sylvia Earle. Questo è stato possibile grazie all’impegno messo in campo dalla Fondazione sia nelle attività di ricerca che monitoraggio dell’area dal 2019. Il percorso, in realtà, è solo all’inizio. One Ocean Foundation, per raggiungere il traguardo, ha deciso di istituire questo progetto affidandosi a una rete di esperti che fanno parte degli enti di ricerca e delle università. Tra queste spiccano il centro CMRE di La Spezia, l’Università dell’Insubria, il CNR e l’associazione SEAME Sardegna.
One Ocean sta dunque raccogliendo delle prove scientifiche fondamentali per avere un quadro completo sullo stato di salute dei canyon e la distribuzione dei cetacei. Per farlo hanno suddiviso il programma in quattro attività di ricerca principali: analisi del DNA ambientale per monitorare la biodiversità; monitoraggio visivo con avvistamenti, studi di identificazione fotografica e conteggi di animali che transitano in zone geografiche specifiche; bioacustica che consente di registrare l’inquinamento acustico; e l’ecotossicologia per conoscere le condizioni dell’area marina.
Riccardo Lo Re